Gli impiegati e salariati lavoratori dipendenti, con contratto a tempo indeterminato, possono contrarre prestiti da estinguersi con cessione di quote dello stipendio o del salario fino al quinto dell’ammontare di tali emolumenti valutato al netto di ritenute e per periodi non superiori a dieci anni (articolo 5, comma 1, Decreto Presidente Repubblica 180/1950).
L’articolo 68 del citato DPR ci spiega poi che quando preesistono sequestri o pignoramenti, la cessione non può essere effettuata se non limitatamente alla differenza tra i due quinti dello stipendio valutato al netto delle ritenute e la quota colpita da sequestri o pignoramenti. Qualora i sequestri o i pignoramenti abbiano luogo dopo una cessione perfezionata e debitamente notificata, non si può sequestrare o pignorare se non la differenza fra la metà dello stipendio (valutato al netto delle ritenute di legge) e la quota ceduta.
Nella situazione proposta, afferente una cessione del quinto chiesta su uno stipendio già gravato da pregresso prelievo per pignoramento, la quota cedibile per la cessione del quinto è data da 1.200 (2/5 di 3.000) – 600 = 600 euro.
In pratica, la somma, della rata di rimborso del prestito dietro cessione del quinto e l’importo di prelievo per pignoramento, non deve superare il 40% dello stipendio al netto degli oneri fiscali e contributivi.
Il credito alimentare di 500 euro, se non ha dato luogo ad un pignoramento per inadempimento, non rientra nel calcolo; così come non rientrerebbero la quota impegnata per il rimborso di un prestito (senza cessione) liberamente perfezionato dal lavoratore e/o la rata mensile per il rimborso di un mutuo ipotecario.
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